martedì 2 novembre 2010

..E I RICCHI SCIOPERARONO.

Massimo Oddo durante una conferenza
In queste ultime settimane si è sollevato un caso che ha indignato molte persone, sportivi e non. Sì, perché un caso che apparentemente sembrava interessare solamente il mondo calcistico, si è ingrossato fino a diventare una questione morale di tutta Italia: possono i calciatori indire uno sciopero per far valere i loro diritti, come se fossero dei semplici lavoratori?
L’associazione Italiana Calciatori, avente come portavoce il milanista Massimo Oddo, si è scontrata nelle ultime settimane con la Lega Calcio relativamente ad alcuni punti dei contratti nazionali che porterebbero degli “svantaggi” ai suddetti calciatori.
Fra i motivi principali di tale disaccordo c’è quello che riguarda la scelta del medico curante dei calciatori: fino a Giugno di quest’anno, la società permetteva ai suoi calciatori di scegliere con quale medico potersi curare, mentre secondo il nuovo contratto ciò non sarebbe più possibile. Il calciatore sarebbe “costretto” ad accettare le cure del medico scelto direttamente dalla propria società, oppure dovrebbe pagarsi le spese mediche nel caso in cui decidesse di andare da un altro dottore.
Un po’ come se i lavoratori non volessero fare le visite del lavoro presso l’Istituto assegnato, bensì presso uno studio privato, dal proprio medico di fiducia e che conoscono da anni. Chi lo pagherebbe quel costo ?
Ma lasciando perdere i motivi e le cause scatenanti di questa controversia che potrebbero, entrando nel particolare e considerando che sono – in fondo, in fondo – dei lavoratori anche loro, anche essere lecite, è ovvio che la gente comune s’indigni ugualmente per tali richieste.
Ciò che in primis appare sbagliato è il periodo in cui questa richiesta è stata avviata. Si sa che gli italiani sono così fortemente assuefatti dagli scandali calcistici che questo, in confronto, suona come una bazzecola. E’ risaputo inoltre che il calcio è per molti una vera e propria dipendenza e che mai e poi mai, per quanto sporco e illecito sia diventato questo sport, rinuncerebbero all’abbonamento Sky Calcio o a comprare il biglietto di una partita. Proprio per questo mi viene da considerare che forse, in tempi migliori, tale questione non avrebbe scalfito poi così tanto l’opinione pubblica. Articoli di giornale, interviste su interviste , servizi televisivi e poi.. la domenica tutti a vedere 22 calciatori in mutande che corrono dietro ad un pallone.
Ma stavolta no, stavolta anche gli appassionati storcono il naso, forse perché adesso sono tante le persone che a fine mese si cercando i soldi in tasca sperando di trovarci qualche banconota. Da una parte sono contento che questa richiesta sia stata avanzata in questo buio periodo economico. Senza di esso non ci sarebbero rumours così accesi e non si sarebbe dato così tanto adito al parere della gente comune, che lavora per mille euro e per costruirsi un futuro accettabile.
Il periodo di crisi che l’Italia, come gran parte dei paesi del mondo, sta affrontando, mette in cattiva luce anche gli idoli delle tifoserie. Le persone scendono in piazza per motivi seri: cassa integrazione, mancanza di lavoro, di sicurezza, di prospettive future.. e non in cerca di ritocchi e accordi che consentano condizioni troppo privilegiate.
Se proprio dev'essere condivisibile l’idea che i calciatori siano dei lavoratori.. va bene, si può accettare. Ma occorre che questi si considerino per quello che sono, ossia dei lavoratori extralusso, pagati per svolgere la loro passione, e che soprattutto abbassino gli occhi e mettano a confronto il loro lavoro con quello degli operai.
Molte persone potrebbero lucidamente fargli notare che nessuno li ha mai costretti a svolgere quel lavoro e che potrebbero benissimo smettere quando vogliono, ma ciò non sarebbe la via più giusta da affrontare. Il dialogo alla fine è sempre la via più giusta da seguire, e creare contrasti o mettere paletti non sarebbe la cosa migliore per nessuno.
Far capire ad una categoria così fortunata che non è il caso di sollevare un problema a livello nazionale è invece un passo importante verso la risoluzione della questione. Lo sciopero è un diritto, è l'atto estremo per porre all'attenzione di tutti un problema importante, ma questa volta sembra se ne sia eccessivamente abusato.

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